Qualche settimana fa ho pubblicato qui sul blog il resoconto di un pomeriggio bellissimo trascorso partecipando ad un laboratorio musicale dedicato ai bambini. La magia del Dijeridoo, strumento antico e misterioso, ci ha travolti, tanto quanto l’energia calma ma piena di vitalità di Stefano Maria Crocelli, il conduttore del laboratorio. Stefano è un ragazzo che tende all’infinito, e non solo con la sua slanciata forma che sembra sfiorare il cielo. Tende all’infinito col sorriso sincero e da bambino che conserva e dona a chi lo incontra; tende all’infinito quando ti presenta la sua dolce compagna di vita e il pancione che sta per schiudersi al futuro; tende all’infinito quando si racconta condividendo le sue esperienze di viaggio e di ricerca; tende all’infinito quando suona nella penombra fluttuando sulle frequenze dei suoi strumenti; tende all’infinito quando ascolta con occhi pieni di stupore. Ve lo presento.
Ciao! Cominciamo dal principio della tua pacifica rivoluzione: l’esperienza di volontario cooperante in Africa. Quando e perché hai deciso di intraprendere questo cammino?
Ero studente in Scienze Sociali della Comunicazione Interculturale e proprio all’Università ho avuto la fortuna di incontrare e conoscere il Dott. Mario Gallini,socio fondatore dell’associazione Onlus AS.SO.S. (Associazione Solidarietà e Sviluppo) di Terni. L’associazione opera in ambito educativo, sociale e sanitario con interventi in loco, per sostenere le comunità di alcuni villaggi africani, lavorando a stretto contatto con le autorità e le istituzioni locali. E’ stato piuttosto naturale per me decidere di partire nel 2005…e di replicare negli anni, fino al 2010.
In cosa è consistita concretamente la tua attività in Africa?
Ho operato in Kenya, Tanzania e nel Nord-Ovest dell’Uganda, come logista. In pratica la mia funzione è stata quella di mediatore fra l’associazione in Italia e la burocrazia locale. Ma al tempo stesso la mia attività si è svolta sempre accanto ai lavoratori del posto, come supporto e supervisore nella realizzazione dei progetti che riguardavano la realizzazione di pozzi, la costruzione di scuole e ospedali, la messa appunto di strutture nell’ambito della maternità.
Cosa più ti lega a quella terra e alle sue genti?
L’autenticità delle persone. La semplicità, il saper gioire del poco che hanno, la capacità di sorridere sempre e comunque. Il loro profondo senso di riconoscenza e gratitudine per il lavoro che abbiamo svolto insieme.
Ma tu sei anche un giocoliere. Com’è nata la passione per la giocoleria e lo spettacolo?
Nel 1998 ho iniziato a lavorare come animatore nei villaggi turistici. Mi sono trovato a dover gestire gruppi di bambini molto numerosi…e non era affatto facile tenere alti l’attenzione e l’interesse di tutti. Poi ho scoperto che una pallina lanciata in aria poteva catturare la curiosità di molti. Così ho cominciato a studiare la giocoleria da autodidatta, sperimentando, allenandomi, giocando… Mi sono subito appassionato a queste attività, che sono un intenso stimolo psicofisico. Infatti coinvolgono entrambi gli emisferi del cervello contemporaneamente, richiedono un profondo controllo della totalità del corpo e del respiro, portano a una sempre maggiore conquista dell’equilibrio. La giocoleria non è un semplice divertimento: col tempo mi sono impegnato a coniugarla con molte discipline olistiche, proprio per la sua naturale propensione a stimolare l’unità di corpo e mente (e spirito). Naturalmente ho portato la mia passione per la giocoleria (che fino al 2010 è stata la mia principale attività) anche in Africa: credo che sia un mezzo comunicativo molto potente.
Quando la musica è entrata a far parte della tua vita?
Da adolescente, quando ho iniziato a suonare il piano e la tastiera. Poi nel 2004 ho incontrato per caso (ma nulla avviene per caso!!) il didjeridoo, durante delle prove di giocoleria con degli amici-colleghi. E’ stato un incontro fugace, ma il giorno dopo a Terni, la mia città, incontrai di nuovo questo strano strumento e ne fui folgorato. Ho subito capito che ne avrei dovuto approfondire la conoscenza!
Che cos’è il Dijeridoo?
E’ un antico strumento a fiato degli aborigeni d’Australia: un grosso ramo secco di eucalipto, scavato dalle termiti che ne rosicchiano il “midollo” e che emette delle sonorità monotoniche. Il suo nome è onomatopeico, ricorda il suono che produce.
Qualche settimana fa eri a Jesi (An) per degli incontri in cui presentavi questo strumento a grandi e piccini ( e il tuo peregrinaggio sonoro continua in molte località italiane). In che modo?
Con l’aiuto della mia compagna Paola ho organizzato a Jesi una serie di 5 incontri in cui di volta in volta il didjeridoo incontrava e abbracciava una disciplina o un particolare momento della vita: lo shiatsu, la gravidanza, lo yoga, i bambini, i cristalli. Ogni incontro è stato guidato con la collaborazione di esperti nella relativa materia ed è terminato con la condivisione di cibo vegano portato dai partecipanti.
In che modo il Dijeridoo si coniuga con il massaggio, lo yoga, l’educazione infantile e altre attività-discipline volte al ri-equilibrio della persona?
Io ho una concezione olistica dell’uomo, in quanto essere unitario e non fatto di compartimenti stagni. Il didjeridoo emana delle frequenze che risuonano nel profondo del nostro organismo, andando a stimolare tutti i punti energetici del corpo, i chakra, favorendone la riapertura e il riequilibrio. Con il didjeridoo si può effettuare un vero massaggio sonoro se lo si suona a pochi centimetri dal corpo di una persona, percorrendolo in tutta la sua superficie con le vibrazioni che emette lo strumento. Chi riceve il massaggio sperimenta un forte senso di rilassamento e di risveglio degli starti più profondi della coscienza. Per suonare il didjeridoo occorre praticare la respirazione circolare, ovvero emettere fiato dalla bocca attraverso lo strumento e, contemporaneamente, inspirare dal naso. Il suono del didjeridoo, quindi, esercita un effetto benefico anche in chi lo suona, poiché permette un’ossigenazione completa che allinea i due emisferi del cervello.
E le campane di vetro, sempre presenti nelle tue sessioni di Didjeridoo?
Altro strumento monotonico. Altro strumento che accompagna verso stati di ipnosi, di trance, che ricorda l’ossessività e la ripetitività dei canti aborigeni, delle nenie, dei mantra, dei canti tibetani, con tutto il loro carico di energia e di sacralità. In Africa ho imparato come il suono sia la chiave della felicità: per ogni problema, per ogni necessità, per ogni ricorrenza si suona. Il battito incessante delle percussioni: come lo scoppiettio del fuoco. Mi piace sempre citare questo verso di una canzone di Battiato: “nei ritmi ossessivi la chiave dei riti tribali”.
Caro Stefano, un’ultima breve domanda. Se dico “lentezza”, a cosa pensi e cosa provi?
Penso alla dualità lento/veloce. Non ci sarebbe lentezza senza l’opposta velocità. Nella giocoleria la velocità è fondamentale: nulla può avvenire a rallentatore. Ma è una velocità che ha in sé la lentezza della precisione. Quindi la lentezza è una sorta di linea guida per la realizzazione dei giusti tempi di ogni attività. Quando ti armonizzi col tuo tempo, la lentezza è insita anche in un rapido gesto di giocoleria.
In seguito a questa intervista ho avuto il piacere di incontrare di nuovo Stefano e Paola (e il loro pancione giunto ormai al termine della rotondità), di godere del massaggio sonoro da sola e in compagnia di tutta la mia allegra brigata familiare, di chiacchierare e confrontarmi con loro. E ogni volta è stato un grande piacere. Trovarsi di fronte a persone così (pro)positive e pacificamente rivoluzionarie dà sempre tanta speranza e rinnova in me la convinzione che un mondo migliore è possibile e realizzabile. Avevo promesso loro che il primo maggio avrei pubblicato questa intervista come buon auspicio per la nascita della pulcina o del pulcino che stanno aspettando (visto che la data presunta è proprio il primo maggio!!), ed ho mantenuto la promessa. Colgo l’occasione per far loro i miei migliori auguri per una vita luminosa proprio come i loro occhi! Un abbraccio sincero a tutti e due, Stefano e Paola, e un pensiero di pace alla nuova vita che sta per nascere. Una vita che avrà la fortuna di sbocciare nella tranquillità di casa, in tutta lentezza e armonia, con accanto proprio le due ostetriche angelo che tanto hanno donato anche alla mia famiglia. Flussi di energia cosmica che vanno e vengono, si incontrano e ritornano, si trasformano e ripartono per poi ritornare ancora. Perché nulla avviene per caso.
Shanti!
Robi
Amo il Dijeridoo e ne ho uno a casa ma non so suonarlo molto.. Non ho abbastanza fiato ;(
naturalentamente
Bella ragazzuola dalle mille risorse! Suoni anche il Dijeridoo! Che mitica che sei!:)
elisabetta NeuroPepe
Ciao Valentina, oggi mi hai lasciato sulla pagina il link al tuo blog e … già ce l avevo tra i preferiti: mi salvo articoli ecc sulla barra di dx e forse forse una volta alla settimana riesco a sedermi e con calma, leggerli: oggi è quel giorno fortunato!!!
quante cose in comune abbiamo!
la parte delle interviste mi piace un sacco e quanto amo gli artisti di strada: quando li incontro rimango in contemplazione del loro coraggio, del loro mondo e dei loro talenti. come una bambina davanti al teatrino preferito 😀
un abbraccio e … spero a presto!!
naturalentamente
Ciao Elisabetta!! Benvenuta!! E’ un grande piacere saperti mia lettrice. Passa quando vuoi, salve e leggi con calma. Io leggo ciò che pubblichi sempre con molto interesse.
Ricambio l’abbraccio. :*
Valentina