Quanti chili di biscotti industriali avrò mangiato in vita mia? Se cominciassi a fare due conti approssimativi potrei cadere in stato di shock.
Nata nel 1980, sono cresciuta nel cuore del boom consumistico di merendine-dolcetti-biscotti confezionati per la colazione e i fuoripasto. Alle mamme di allora sembrava un gigantesco passo in avanti! Arrivavano dei prodotti buonissimi al gusto, già pronti, con confezioni anche belle da vedere e con tanti regalini dentro per far divertire i loro figli! Chi di voi non ricorda le scatoline di cartone ( a mo’ di scatola di fiammiferi) con dentro coloratissime gomme, mini agendine, portachiavi e altre inutilità del genere? Ogni mese veniva lanciata una nuova ghiottoneria, che puntualmente finiva nella tasca dello zainetto o accanto alla tazza di latte e cacao. Nessuno si preoccupava degli ingredienti o delle implicazioni sociali e ambientali di uno smodato consumo di quegli alimenti (o meglio, NON alimenti). Zucchero raffinato, grassi idrogenati di dubbia provenienza (vedi l’olio di palma, per l’estrazione del quale si cacciano gli oranghi dal loro ambiente naturale causandone una strage e rendendoli una specie in via d’estinzione), latte in polvere, aromi artificiali, farine sbiancate, lieviti chimici e additivi di ogni genere. Simpaticissimi dolciumi dannosi per la salute e anche per l’ambiente, con tutto quel carico di involucri e pacchetti che si portano attorno; spesso provenienti da filiere in cui ingiustizia e sfruttamento la fanno da padroni.
Le cose sembra stiano cambiando su questo fronte. Molti occhi si stanno aprendo alla realtà dei fatti, e non ci si accontenta più degli slogan rassicuranti delle pubblicità.Eppure la fretta e la frenesia ci spingono inevitabilmente verso la superficialità, trasformandoci in consumatori scellerati che non badano alle conseguenze delle proprie azioni.
Come si legge nella Guida al consumo critico Centro Nuovo Modello di Sviluppo, ed. EMI 2011), “il consumo responsabile non si configura con comportamenti corretti su singoli aspetti, ma è un insieme di scelte che coinvolgono l’intero stile di vita”. Non basta quindi acquistare prodotti di qualità. Occorre innanzitutto scremare la lista delle necessità, depennando tutto quello di cui si potrebbe fare a meno e che sembra essere indispensabile a causa dei condizionamenti esterni e non di reali bisogni. La parola d’ordine è sobrietà! “L’unico modo per preservare le risorse non rinnovabili è di convertirci alla sobrietà, ossia ad uno stile di vita, personale e collettivo, più parsimonioso e più pulito, più lento, più inserito nei cicli naturali…”.
Abbiamo davvero bisogno di una dispensa debordante di pacchi, pacchetti e scatoline? Potremmo fare colazione con della buona e sana frutta fresca, mangiare due fette di pane e marmellata , preparare con le nostre mani un dolce da offrire ai nostri figli per merenda a scuola. Educhiamoci all’autoproduzione, ricorrendo a materie prime a filiera corta, magari a km zero, che non abbiano comportato sofferenza di animali umani e non umani. Preferiamo il biologico per incentivare metodi agricoli ecologici, che rispettino l’ambiente e la biodiversità e ovviamo al problema dei costi (purtroppo) alti aderendo a Gruppi d’Acquisto Solidale o creando noi stessi gruppi di famiglie con cui condividere la spesa. Serve solo un breve salto per cambiare irreversibilmente prospettiva. Le multinazionali della grande distribuzione non brillano mai per eticità , correttezza e trasparenza. Sono quasi sempre artefici di lobby che indorano pillole avvelenate. Si fornisco di materie prime da paesi poveri sottopagando i produttori locali e non effettuando controlli sulle condizioni di lavoro che spesso rasentano la schiavitù. Una multinazionale è tale perché ha come priorità il capitale, il guadagno, il denaro. Non certo l’ambiente o la salute dei consumatori o il rispetto degli obblighi sindacali nei confronti dei dipendenti (diretti o indiretti). In molti ci accaniamo da anni contro la Nestlé, boicottandola giustamente per le sue subdole campagne pro latte artificiale nei paesi poveri. Ma il principio d’azione della Barilla (che controlla, in Italia, i marchi Voiello, Mulino Bianco, Ringo, Togo, Alixir, Pavesi, Olivia & Marino, Harry’s, per esempio, non è affatto diverso. Oltre a denunce per pubblicità ingannevole e scarsa tracciabilità delle materie prime, la Barilla vanta ben 13 contratti di fornitura a favore dell’esercito statunitense. Già! Armi ed eserciti sono sempre correlati alle multinazionali che fanno parte della nostra vita da sempre, ma nessuna etichetta ci dice: “Attenzione, se compri questo biscotto ti fai finanziatore dell’esercito tal dei tali!”. Come la Barilla ce ne sono innumerevoli, in tutti i settori, e non sono certo io ad aver fatto la scoperta del secolo. Con questo post voglio solo invitare ad una riflessione ad una presa di coscienza. Siamo artefici delle nostre decisioni!! Ritorniamo ad usare le mani per fare e non solo per scartare.
Qui di seguito alcune semplici ricette dal mio archivio su Veganblog…da qualche parte bisogna pur cominciare. E cominciare dalla prima colazione mi sembra un’ottima idea!! Buona autoproduzione!! Buona decrescita!!
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G-Stail
Vale sono perfettamente d’accordo con te! Fortunatamente già mia mamma evitava di acquistare merendine, bibite, e altri prodotti confezionati tanto in voga in quegli anni, preparando magari delle torte salate, ciambellani e crostate per le merende! Mia nonna era un esperta in conserve e succhi di frutta in vetro per l’inverno…chissà! Sarà per questo che anche oggi la mia dispensa è piena di ingredienti e non di prodotti! Diamo sempre noi l’esempio e chi ci ama ci seguirà…come dice il detto! Complimenti per il blog! Considerami una tua lettrice…
naturalentamente
Buongiorno carissima G-Stail! E’ un vero piacere ritrovarti qui! Benvenuta!!! Ti aspetto allora… A presto! Shanti! 🙂
nespolegiuggiole.blogspot.it
Salve, ho scoperto oggi il tuo blog e mi ha colpito molto questo post boicotto il biscotto. Titolo molto azzeccato. Mi ritrovo in tutto, da due anni cerco di autoprodurre la colazione. Ho un lavoro che mi impegna e non potrei adottare questo slogan pienamente perchè purtroppo sono costretta qualche volta ad acquistare i biscotti per la colazione, quindi il mio non è un vero boicottaggio. Nel mio blog spiego come poter cambiare abitudini comode e imposte senza cadere nel fanatismo: infatti molti cedono perchè non riescono a fare scelte radicali.Io penso che anche i piccoli gesti possano determinare grandi cambiamenti. Un saluto e complimenti per il blog è molto interessante. Letizia
naturalentamente
Ciao Letizia! Benvenuta!!
hai ragione: la chiave della perseveranza nel cambiamento è la moderazione. Credo fermamente nei miei ideali e nella rivoluzione pacifica che abbiamo messo in moto io e la mia famiglia, ma non ci si può isolare dal mondo esterno (che gira in senso inverso) e a volte occorre accettare dei piccoli compromessi. Chiaramente compromessi che non infrangano i valori della compassione e del rispetto! Ma, come te, se una settimana non riesco ad autoprodurre tutto quello che vorrei non ne faccio un dramma.
grazie per aver lasciato il tuo pensiero e per gli apprezzamenti.
Spero di leggerti ancora qui sul blog…e intanto vengo a sbirciare fra le pagine del tuo 😉
Tanta luce!
Valentina