E’ arrivato l’Autunno, stagione controversa, amata da molti ma altrettanto detestata da altri.
C’è chi non vede l’ora di immergersi nel foliage dei boschi e di sprofondare in una poltrona davanti al camino acceso, con una tazza di cioccolata fumante e chi rimpiange il sole, la luce, i colori e la frutta dell’Estate. C’è chi ne coglie l’aspetto di trasformazione e rinnovamento e chi associa a questa stagione un’idea di declino e malinconia. Io faccio parte della prima categoria, il #teamautunno, e per celebrarne la magia, voglio parlarvi delle giuggiole, frutti selvatici autunnali tipici delle campagne marchigiane.
Che cosa sono le giuggiole?
Le giuggiole sono dei piccoli frutti dalla forma simile alle olive. Da acerbe sono di color verde chiaro, ma solo leggermente aspre; via via che procedono nella maturazione, diventano marroni, fino a raggiungere un colore intenso, quasi rosso scuro. La loro polpa è chiara e croccante e ricorda il gusto della mela ma, quando sono ben mature, le giuggiole si ammorbidiscono e raggrinziscono, diventando incredibilmente dolci. Non a caso, vengono anche chiamate da alcuni “datteri cinesi“, sia per l’aspetto che per la dolcezza che per la presunta origine geografica della pianta.
Le giuggiole sono ricche di vitamina C , ma anche di ferro e calcio e pare siano frutti dalle proprietà digestive e rilassanti.
Nelle nostre campagne marchigiane non è difficile trovare giuggioli selvatici ai bordi di strada, per i greppi che affiancano i campi coltivati e nei cortili dei vecchi casolari.
Gli anziani dicono che il giuggiolo abbia bisogno di un muro per crescere bene e, in effetti, la pianta della quale conservo un meraviglioso e tenerissimo ricordo d’infanzia cresceva proprio accanto ad un palazzo signorile abbandonato.
Era un albero altissimo e dalla chioma folta, seppur leggera (il giuggiolo ha foglie piccoline, lucide e di un verde brillante), i cui rami nella prima metà di settembre erano carichi di giuggiole maturissime, irresistibili per tutti i bambini del circondario. La scuola era appena iniziata, io andavo e tornavo a piedi con le bambine ed i bambini del vicinato (sì, nei primi anni ’80 si poteva andare a scuola, ed uscire, a piedi non accompagnati) e quando alla mezza suonava la campanella ci si fiondava in strada per raggiungere l’albero dei desideri. Io ero la più minuta del gruppo e venivo presa sulle spalle dai bambini grandi per raggiungere i rami più alti e raccogliere i frutti da ripartire poi fra tutti. Ma quando i rami facilmente accessibili erano ormai spogli, usando ginocchia e schiene dei miei compagni di avventura come gradini, mi arrampicavo sul tronco e salivo fra le fronde per scovare le giuggiole più nascoste e remote. E allora erano gioia infinita ed esultanza che, a pensarci, mi battono ancora forte dentro al petto come allora. Ma ad un certo punto arrivava il mio babbo, non altrettanto esultante, per ricordarmi che a casa mi si aspettava per pranzo da mezz’ora e che lui sarebbe dovuto tornare a lavoro. E allora saltavo giù in fretta dal giuggiolo, con qualche fogliolina fra i capelli, le tasche del grembiule piene di frutti e le mani tutte graffiate dalle spine dei rami.
Ecco, le giuggiole per me fanno rima con vita lenta ed infanzia, con autunno spensierato e radici.
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Anche per i miei figli le giuggiole sono frutti succulenti, bramati per un anno intero e poi, al momento giusto, finalmente accolti come veri doni.
Il bello dei frutti selvatici è che non sono mai a portata di mano, che accendono l’attesa e la pazienza per giungere poi con grande gratificazione nelle mani e nelle bocche di chi li ha tanto aspettati.
Allora l’Autunno non è più la stagione delle poche ore di luce e della nebbia, ma la stagione della caccia ai giuggioli!
Ne abbiamo tre o quattro di riferimento, ma ogni anno ne spunta fuori uno nuovo nascosto in qualche anfratto, magari più carico degli altri, così ritorna quel sentimento festante e gioioso di oltre trent’anni fa, rivissuto ora anche attraverso i sorrisi e le mani graffiate dei miei bimbi.
Spesso dimenticato, se non sconosciuto, il giuggiolo è una pianta di poche pretese che può crescere un po’ ovunque in Italia, poiché sopporta bene sia il freddo che la siccità e si adatta bene anche a piccoli spazi: preserviamolo, riscopriamolo, valorizziamolo!
Vivere in connessione con la ciclicità delle stagioni ci permette di scorgere il bello in ogni tempo, di provare gratitudine per ogni manifestazione della Dea.
La Natura si esprime al suo meglio sempre, sta a noi aprire i sensi e percepirne la meraviglia in ogni sua sfaccettatura.
E voi, conoscete le giuggiole? Vi piacciono?
Raccontatemelo nei commenti.
A presto!
Elisa Fabbri
La giuggiole sono il frutto preferito mio e di mio figlio😊Anche io ho ricordi bambini dai miei nonni in campagna che avevano un giuggiolo meraviglioso a cui mi accingevo con mia nonna per raccoglierne questi frutti adorati….
Naturalentamente
Che bello, grazie per questa condivisione!
Priscilla
Le conosco poco, assaggiate quando capitavo dalle tue parti nella stagione giusta. Ora mi hai fatto venire voglia…
Naturalentamente
Ciao, Priscilla!
Già arrivate quasi alla fine della loro stagione, purtroppo…sono rimaste le ultime sugli alberi…