Era il 26 novembre del 2005 quando, nel bel mezzo di una mattina uggiosa come questa, decisi che era giunto il momento. Abitavo da poco fra i monti della Lessinia, in un piccolo paese in provincia di Verona, e quella mattina andai presto in città per delle commissioni.
Da quando mi ero trasferita in montagna avevo ripreso in considerazione l’idea di adottare un cane…una spinta quasi inconsapevole, direi. Sin da piccola avevo sempre avuto paura dei cani, soprattutto di quelli grandi. Ricordo il terrore che mi incuteva Leo, il cagnolino abbaione vicino di casa di mia nonna, col quale mia madre ha anche tentato più volte di fotografarmi.
Poi, a vent’anni, in uno dei miei periodi di ribellione e confusione, presi un cucciolino che visse con me per qualche mese, nella minuscola mansarda del centro storico di Jesi, Flora, ma che poi se ne tornò in campagna, per tante ragioni che ora mi perderei ad elencare.
Comunque, quel 26 novembre di dieci anni fa decisi di andare a fare una visita al canile.
Non ero mai entrata in un canile, ma avevo deciso che, se avessi adottato un cane, avrei voluto salvarne uno poco fortunato. Quella mattina mi era tornata forte in mente Flora, e con lei l’amarezza per come erano andate le cose, la tristezza per non aver saputo fronteggiare la situazione in maniera matura, la consapevolezza di essere stata un’irresponsabile.
Quando entrai nel canile comunale mi trovai di fronte ad uno scenario che non mi aspettavo. Grossi box con dentro 4-5 cani ognuno, in una gran confusione di ululati e latrati. Cani di tutti i colori, taglie, razze…sguardi lucidi, rassegnati, speranzosi, arrabbiati, delusi, teneri, insistenti, sfuggenti. Tante code al vento. Il canile mi era sembrato enorme, una specie di labirinto. Le gabbie si susseguivano come se non ci dovesse essere una fine. Poi c’era un cortile dove a turno i volontari del canile lasciavano liberi di giocare e passeggiare i cani. Tutt’intorno, gli altri cani ansiosi di uscire che saltavano addosso alle reti di recinzione facendo a gara a chi faceva il balzo più alto.
La volontaria che mia accompagnava notò il mio smarrimento e mi disse che mi avrebbe mostrato un ospite speciale, il più silenzioso e tranquillo. Si diresse verso un box, aprì il cancello e andò a prendere al guinzaglio un cagnolone che se ne stava accoccolato tutto solo in fondo, con lo sguardo malinconico perso chissà dove.
Era Jerò.
Uscì dal box e mi venne incontro lentamente. Quando mi raggiunse mi si mise di fianco e appoggiò la sua testa sulla mia coscia, spingendo con vigore, come per obbligarmi a emergere dal mio torpore e fargli una coccola. Lo accarezzai, infilai le mani sotto quelle sue lunghe e morbidissime orecchie e lì sotto scoprii un calore incredibile, che mi scaldò il cuore e placò tutte le paure che avevo accumulato nella mia infanzia e nella mia giovinezza. Mi abbassai, ci guardammo per qualche attimo negli occhi e non potei far a meno di abbracciarlo.
Aveva tre anni, era un cagnolone grande che pesava sui 30 kg, un incrocio di pointer probabilmente usato da qualche cacciatore fino a scoprire che era troppo buono e coccolone e poi abbandonato. Era stato trovato un paio di mesi prima nelle campagne intorno a Verona, ma da una anno era stato avvistato senza che nessuno mai fosse riuscito a prenderlo.
Lo chiamai Jerò e lo portai a casa con me.
Prima di salire in macchina, la volontaria e il veterinario mi vaveano avvertita di stare molto attenta con lui, perché era un cane diffidente anche se molto tenero, facile alla fuga.
Davanti casa mia c’erano un boschetto ed un grande prato, abitavo fuori dal paese, ma non c’era nessun recinto, così decisi di tenerlo dentro casa con me finché non avessimo preso confidenza l’una con l’altro instaurando un rapporto di fiducia reciproca.
I primi due giorni trascorsero lenti. Ci scrutavamo.
Il terzo giorno, devo ancora capire come, Jerò è riuscito ad aprire la porta di casa e d è uscito correndo a perdifiato nella neve (ce n’era quasi un metro!). Mi sono subito precipitata dietro di lui, chiamandolo e cercando di riavvicinarlo a me…ma lui, lingua in fuori, mi guardava soddisfatto, felice di starsene libero e al freddo nella neve. Non sono più riuscita a farlo entrare in casa…gli lasciavo la ciotola col cibo davanti la porta, lui mangiava e se ne tornava a correre in giro per i pascoli ed i boschi, ma facendosi vedere ogni tanto intorno casa. Pensavo fosse il suo modo di prendere confidenza col luogo e con me, così l’ho lasciato fare. Ma dopo 4-5 giorni non l’ho più visto per qualche ora ed ho iniziato a preoccuparmi. Con i vicini di contrada siamo andati a cercarlo ovunque, anche in paese, senza risultato. Così ho chiamato vigili e canile, avvertendoli della sua scomparsa. Mi sentivo stupida e triste, di nuovo incapace di gestire un rapporto sano con un cane.
Passavano i giorni e di Jerò nessuna notizia. Ormai stavo perdendo le speranze di ritrovarlo, anche perché aveva ripreso a nevicare e temevo che non potesse resistere al freddo.
Ma dopo 2 settimane, ecco che squilla il telefono! Era il canile: l’avevano ritrovato a 35 km di distanza, che si rifoccillava fra le immondizie della cucina di un ospedale.
nel giro di un’ora era di nuovo a casa, al caldo, accanto a me…e da quel giorno non ci siamo mai più separati.
Ho dovuto fare i conti con la sua indole di spirito libero allergico al guinzaglio, di inguaribile ladro di cibo, di tremendo testardo. Ma è stato facile amarlo, con quel suo sguardo che è sempre rimasto malinconico anche nei momenti più felici. Dopo di lui sono arrivati altri amici cani nella mia vita, ma Jerò ha sempre avuto qualcosa di speciale, di penetrante, come se fosse un’anima venuta apposta per insegnarmi a stare al mondo.
Da lui ho imparato tanto. Ho capito da dove venissero le mie paure nei confronti dei cani, le ho superate e trasformate in fiducia. Ho capito che esserci ed ascoltare sono le cose più importanti. Ho capito che si può sempre perdonare. Ho capito che l’amore non ha confini di specie. Ho capito che la vita va vissuta in libertà. Ho capito tanto di me stessa…
Certo, mi sono anche arrabbiata di fronte a divani distrutti, porte bucate, scarpe e coperte divorate, libri ridotti in coriandoli, cene e pranzi spariti dal tavolo. Mi sono preoccupata terribilmente per le sue continue fughe (anche quando cambiai casa e andai a vivere in una piccola contrada in mezzo al bosco, con un bel giardino recintato) che potevano durare anche mezza giornata, ma che lo vedevano sempre tornare a casa per cena, distrutto e infangato fino alle orecchie, ma felice e con gli occhi scintillanti.
E’ sempre rimasto un cane silenzioso e timido…solo negli ultimi 3 anni ha iniziato ad abbaiare di felicità, sulla scia degli altri amici cani, quando mi-ci vedeva rientrare a casa o quando ci si avvicinava a lui con qualcosa di buono da mangiare.
I bambini non hanno potuto che innamorarsi di lui a prima vista: avevano di fronte il cane più buono e pacifico del mondo che cercava solo carezze sotto le orecchie, grattini alle cosce e abbracci. No ha mai ringhiato, non si è mai azzuffato con nessun altro cane, nemmeno il più dispettoso, non ha mai assunto un atteggiamento aggressivo. 30 kg di amore e tenerezza.
Inguaribile poltrone e dormiglione, frega poltrone e divani, re di tutte le ombre più fresche e delle erbette più soffici, se avvistava un gatto non ce n’era per nessuno. Si scatenava in corse da cavallo, sfoggiando tutta la sua possente muscolatura, costringendo ogni felino a rintanarsi in cima agli alberi per ore…e lui sotto a fare la punta:zampa alta, coda dritta, occhi fissi. Il bello era che poi, nei casi in cui riusciva ad avvicinare un gatto, lo annusava tutto, scodinzolando emozionato, senza fare altro.
Nel 2009 sono tornata nelle Marche per amore dell’uomo che poi è diventato mio marito ( e che, guarda caso, è nato il 26 novembre!) e chiaramente Jerò è venuto con me, assieme a Nonna Lana (altra pointerina adottata al canile all’età di 11 anni, moribonda…ma poi vissuta per altri 4 felici anni) e a Selva (cagnolona sorda trovatella e compagna di Jerò per due bellissime cucciolate). All’inizio siamo potuti stare tutti insieme nella grande vecchia casa nei campi… andavamo a far la legna in branco al Fiumicello e poi a scaldarci davanti all’enorme camino di pietra. C’era spazio per tutti , dentro e fuori casa, anche se senza recinto attorno e quindi, anche lì, grosse fughe per le campagne con ritorni fangosi e affannati.
Poi un altro necessario trasloco, nella casa in cui sarebbe nato Attilio e che non poteva accogliere i cani. Così abbiamo visto alcuni mesi di insicurezza e instabilità, con la sofferta decisione di portarli a casa dei miei suoceri, a una manciata di km da noi, in cui avrebbero avuto un enorme prato-giardino-uliveto ad aspettarli, altri cani e in cui sarei potuta andare ogni giorno e a qualunque ora per stare con loro. Questa è rimasta la loro casa, la casa che poi è diventata anche nostra, in cui ci siamo alla fine trasferiti, in cui Elena è cresciuta in simbiosi con i cani, in cui ci siamo felicemente riuniti. Le fughe di Jerò si sono sempre più diradate, ma bastava un secondo di esitazione nello chiudere il cancello dell’orto per vederlo sparire fra i vigneti, giù oltre il laghetto, nel fosso e, piccolissimo ad occhio nudo, fino ai campi della collina di fronte. Un escapologo professionista, uno spirito libero inarrestabile.
In tutti questi anni, caro Jerò, hai avuto tanti soprannomi…Girotti, Gerone, Geronimo…tutti dettati dalla tua dolcezza e dalla tua mansuetudine. Elena ti ha sempre strapazzato di baci, gli altri cagnolini di casa ti hanno visto come uno zio-padre-fratello maggiore con cui giocare e fare le coccole. L’unico maschio, il capobranco.
L’estate è stata lunga e faticosa per te da affrontare. Un zampa ha cominciato a fare cilecca e le tue corse si sono fatte più moderate. Il gran caldo ha messo a dura prova il tuo cuore affaticato, ma tu, come sempre, hai reagito con forza e determinazione, come quella volta che sei scampato ad un avvelenamento e sei sopravvissuto a 2 settimane di febbre, vomito e digiuno.
Passata ormai l’estate, era sorta in me la preoccupazione che forse sarebbe stata dura per te affrontare l’inverno…ti vedevo invecchiare sempre più in fretta. Avevi 13 anni, ma cominciavano a pesarti, forse perché la vita che hai vissuto è stata tanto intensa e densa di emozioni ed incontri e cambiamenti importanti. Il tuo pelo fulvo diventava a poco poco più chiaro, fino sbiancarsi; il tuo sguardo però restava quello di sempre: malinconico, fiducioso, pacifico.
Tre settimane fa il tuo cuore ha deciso di non aiutarti più, e noi abbiamo assistito tutti con tristezza ed incredulità al tuo avvicinarti alla morte. Ho tentato di curarti, e tu hai accettato a malincuore…mi guardavi consapevole che non sarebbe servito a niente, ma io ci credevo ancora. Almeno fino a qualche giorno fa, quando hai iniziato a rifiutare cibo e cure, e accettavi solo le mie coccole e i saluti dei bimbi. Prenderti in braccio col pancione, darti da bere con le mani, ripeterti continuamente che non eri solo e che aspettavo un tuo segno sul cosa fare. Avrei voluto aiutarti a lasciare questo mondo, ma finché hai potuto muoverti da solo ho preferito lasciarti al tuo cammino. Poi ieri, sul calar della sera, avevo preso la mia dolorosa decisione: stamattina avrei chiamato il veterinario per lasciarti andare più in fretta, per accompagnarti nel tuo ultimo viaggio su questa Terra. E invece tu mi hai anticipata, e stamattina te ne stavi lì, abbandonato sul materasso sopra al lenzuolo a fiori rosa e viola che ti avevo portato due giorni fa. Fuori, una pioggerella sottile e silenziosa. E tu te ne sei andato alle prime ore del mattino, silenzioso come la pioggia, forte e fiero come un eroe.
I bambini e Marco sono venuti a salutarti, chi con una lacrima, chi con un sorriso, chi a capo chino. Io continuo a pensare a tutto il tempo trascorso vicina e lontana da te e alle cose successe in questi 10 anni di vita insieme, a guardare le tue foto, a provare gratitudine per aver avuto l’occasione di godere di una generosità tanto profonda e benevola ed a fondo perduto…anche quando forse non me la sarei meritata, quando avrei potuto fare meglio e di più, quando non ti ho dato indietro tutto quello che meritavi.
Piango, ma il pianto passerà.
Il bene che ti ho voluto e che ti voglio, invece, no.
Arrivederci, amico mio. Vola libero.
Alice
Quante lacrime..
Vi abbraccio forte forte!
naturalentamente
Grazie…il suo sguardo mi manca terribilmente.
Ricambio l’abbraccio forte <3
Cami
Le tue ultime parole mi hanno fatto maggiormente sentire le stesse sensazioni che provo io nei confronti di Romeo, il nostro micione di 8 anni sparito a marzo di quest’anno… Sparito e spero non morto… Ma ormai sono passati sei mesi e di lui nessuna traccia in questa terra nuova anche x noi.
Anch’io penso di non avergli dato abbastanza, di non essere stata una buona “mamma” e compagna di vita. L’unica cosa certa è l’amore che provavamo l’uno per l’altra… Quello sapevamo donarcerlo bene entrambi. Ma mi manca da impazzire ed è un pensiero costante. Non sapere cosa sia successo ci distrugge. Il tuo Nero ti avuta vicina anche prima di volare via, sono sicura che ti sarà sempre stato grato per averlo reso libero.
Ora con i suoi occhioni ti starà guardando da un nuovo bosco in cui correre ancora gioioso…. :’)
Sarete sempre vicini <3
naturalentamente
Grazie, Cami.
Le tue parole mi sono veramente di conforto.
Posso solo immaginare il sentimento di impotenza ed inquietudine che provate nel non sapere cosa sia accaduto a Romeo…
I ricordi e l’amore sincero che abbiamo dato e ricevuto non ci lasceranno mai, e questo deve sempre esserci di consolazione, anche se a volte è e sarà dura.
Un forte abbraccio
marta
mia nonna se ne è andata come il tuo Jerò, a pochi mesi dalla nascita di Greta… che avrebbe dato per vedere la sua ultima nipote, lei che viveva per loro…
sono stata davvero male ed ero tanto arrabbiata perchè non le era stato concesso una ultima, meritata felicità; ma poi ho capito…si era messa in viaggio per andare incontro all’anima della piccola Greta; l’ha desiderata, scelta ed accompagnata sincerandosi che stesse bene e che fosse pronta per raggiungerci e portare pace…
ecco, lo sapevo, non sono riuscita a non piangere…e credo anche tu…
ti abbraccio forte amica mia 🙂
naturalentamente
Grazie, Marta cara. Grazie per questo tuo bellissimo messaggio.
Shanti <3
delia
Come capisco la tua tristezza,cara Valentina. In passato anch’io ho pianto per tanti amici che mi hanno a lungo accompagnata. Ricordo un pianto disperato per il mio piccolo criceto che mangiava gli spaghetti direttamente dalla mia mano e odorava di noccioline…. Il pianto per il mio bellissimo Byron,gattone lunatico ed imprevedibile che si arrampicava sulla tappezzeria del soggiorno. Con la loro morte si portavano via un pezzetto del mio cuore e ognuno ha avuto il suo funerale nel bosco,con la loro piccola croce fatta di legnetti. Quanto amore ci danno,quanta disinteressata vicinanza. Ognuno di loro è un regalo per noi,c’insegnano qualcosa della vita,di noi stessi. Ti capisco,cara Valentina e qualche lacrima per il tuo amico,é scivolata anche questa sera mentre leggevo il tuo bellissimo racconto. Un grande abbraccio e una carezza al tuo amico, ora in viaggio❤❤
naturalentamente
Grazie per il tuo pensiero, Delia.
A presto!
delia
Alla prossima! ❤
Michela
Ti mando un fortissimo abbraccio Vale!!!
So cosa significa perdere un amico a quattro zampe, è una piccola parte della nostra vita che ci lascia ma ciò che invece rimarrà, saranno tutti quei momenti che abbiamo trascorso con loro.
Buon viaggio bellissimo Jerò
naturalentamente
Michi, grazie per la vicinanza. Oggi, con questo sole, la tristezza sembra più leggera…lo immagino correre sull’erba bagnata col caldo del sole sul suo pelo a macchie e mi sembra di averlo qui.
Un abbraccio
Cristiana
Un memoriale meraviglioso, toccante e commuovente.
naturalentamente
Grazie, Cristiana. Parole che sono sgorgate dal cuore…
Serena di Enjoy Life
Cara Vale, purtroppo ho vissuto più volte la perdita di membri pelosi della mia famiglia e conosco la tristezza profonda che comporta questa perdita, spesso preceduta dalla malattia e qualche volta dalla difficile decisione dell’eutanasia…..
Il tuo Jerò aveva una faccina bellissima ed uno sguardo profondo e saggio, sicuramente ha avuto una vita felice al tuo fianco, circondato dal tuo amore, che traspare chiarissimo da questo tuo bel post in suo onore!
Non so se conosci la leggenda del ponte dell’arcobaleno…….a me piace credere che tutti i miei amati pelosi che hanno condiviso con me un pezzetto di cammino siano lì ad aspettarmi e che un giorno ci ritroveremo.-…forse anche il tuo Jerò ora sta lì a correre e giocare sui verdi prati, aspettandoti.
Ti mando un grande abbraccio col cuore e auguro buon viaggio a Jerò <3
Serena
naturalentamente
Grazie, Sere.
Negli ultimi giorni vedevo Jerò sereno, nonostante la fatica che sentiva a respirare e l’impossibilità di muoversi. Sputava le pastiglie ed io non ho insistito. Ho avuto chiara la sensazione che fosse finalmente in pace, non più spaventato dal suo star male, perché consapevole che sarebbe approdato in una nuova vita in cui avrebbe incontrato di nuovo anche la Nonna Lana (che ci ha lasciati nel 2010), con cui era sempre stato tanto protettivo.
Un forte abbraccio
Robi
ho sempre pensato ad una sorta di paradiso dei cani. Loro vi accedevano attraverso una pattinata lungo una scia.. E’ semplicemente un luogo fittizio senza barriere spazio-temporali, verde e colmo di gioia. Ti mando col pensiero 2 paia di pattini. <3
naturalentamente
Robi cara… <3
Fede
Un abbraccio grande grande Vale! ❤
naturalentamente
Grazie! <3
Felicia
Un abbraccio, un bacio, una lacrima, un sorriso….. avete vissuto anni felici insieme, indimenticabili, ricchi….
L’amore non ti lascerà mai e Jerò sarà sempre al tuo fianco <3
naturalentamente
Feli, leggo solo ora questo tuo commento…grazie.
Un abbraccio